Analisi del problema e decisione operativa
Per sua natura il problem solving è un processo soggetto al “continuous learning”, quindi è un sistema aperto e soggetto a successive integrazioni basate su esperienze di successo.
Il Problem Solving Relazionale© intende risolvere qualche problema in questo senso, aiutandoci a illuminare la scena da vari punti di vista allo scopo di mettere “in fila” cosa viene prima e cosa viene dopo, distinguere cosa è più importante da cosa lo è meno
Cos’è il problem solving?
Trattasi di un insieme di metodi e metodiche, strumenti e processi adatti alla soluzione di problemi. Questi problemi possono essere di varia natura, qualitativi e quantitativi e ogni tentativo e/o soluzione che si adotta, la si adotta per ridurre il livello di incertezza, la curva di incertezza presente in ogni nostra situazione di vita.
Per iniziare bene occorre rendersi conto della situazione, del problema e/o dell’eventuale disagio presente: questa è la fase di problem setting. Questo sia a livello personale sia professionale/aziendale. Non sempre ci rendiamo conto di quello che sta accadendo e perdiamo quindi importanti tasselli che ci possono portare alla soluzione. Questa fase anticipativi del problem solving è definita di problem setting: consiste nel capire se c’è qualcosa che non va e di stabilirne i confini. Confini interni e/o esterni: è quasi un momento di consapevolezza, di rendersi conto di…che consente a chi inizia il percorso di fermarsi e di dirsi: ”Che cosa sta succedendo realmente?”. Siamo ai bordi di un’ipotetica piscina metaforicamente parlando.
Dalla consapevolezza si passa quindi alla focalizzazione, alla definizione del problema, perchè di per sè può non essere “un problema, anzi è meglio fare la lista di tutte le cose che non vanno, selezionandole, e definendo quale è realmente il problema. È come passare dai bordi della piscina a sguardi più attenti e mirati all’acqua come per scegliere la zona più adatta a tuffarsi. Magari scegliendo anche di praticare qualche altro sport o altra azione rispetto al tuffo.
Fatto questo non resta altro che fare un tuffo e gettarsi in acqua, e se si è in grado e si vuole anche andare a fondo…questa è la fase di problem analysis: l’analisi del problema. Per fare questo occorre avere le idee chiare almeno per non perdere tempo, avendo raccolto i dati di riferimento significati e ogni fatto rilevante al problema. È il momento della scomposizione del problema principale in parti secondarie e della scelta degli strumenti d’analisi più adatti allo scopo.
Entrati in acqua, sempre metaforicamente, non ci resta altro che nuotare al meglio, evitando di scontrarsi con altri bagnanti o di fare delle cose che impediscono di nuotare bene. Se abbiamo un obiettivo è il momento di raggiungerlo eliminando le cause del potenziale problema e rispondendo a tutte le domande che il problema ci ha posto, su cui ci ha interrogato. Per fare questo occorre avere idee, idee buone che ci permettono di generare soluzioni alternative. Ovvio che una possibile soluzione a questo punto è già chiara e quindi possiamo partire con lo sviluppo di un piano d’azione.
Incominciamo quindi in acqua a fare quei movimenti giusti, quelle mosse che ci facilitano di più, che ci permettono di raggiungere rapidamente e con efficacia la soluzione: è la fase di decision making. Qui si decide e in breve tempo, presentando a se stessi e al mondo la propria scelta.
Rimane la fase di decision taking, di nuoto concreto, d’azione concreta, d’impegno verso il risultato e anche di monitoraggio di quello che accade, mentre si attua la soluzione adottata. Sono i pensieri che accompagnano il nuotatore, quando sta nuotando scegliendo quello stile, quella respirazione, quel movimento e tutto ciò che ne consegue. Un adattamento dinamico. E qui si possono cambiare le modalità di nuoto, il tempo e le risposte.
Il problem solving è in ogni modo attitudine e abitudine all’utilizzo di un processo “rigoroso” d’analisi del problema e di decisione operativa. È poi la persona a fare la vera differenza.
Problem solving e innovazione. Da dove si parte?
Per sua natura il problem solving è un processo soggetto al “continuous learning”, quindi è un sistema aperto e soggetto a successive integrazioni basate su esperienze di successo. Inoltre la sua adozione a tutti i livelli aziendali, consentendo a tutti i collaboratori di parlare la stessa lingua basata su dati e fatti, costituisce di fatto un modo di delegare a livello operativo la responsabilità della soluzione dei problemi là dove nascono e dove esiste il know-how per risolverli correttamente, orientando il tutto verso un cambiamento futuro
Da dove si parte?
Quando le cose non vanno come vorremmo diciamo comunemente che abbiamo un problema.
In altre parole, i risultati delle nostre azioni hanno generato effetti diversi da quelli attesi e non ne siamo soddisfatti. In questo caso e tecnicamente si dice che lo stato desiderato è diverso da quello attuale. In molti aspetti della nostra vita i problemi vengono vissuti più o meno bene e “risolti” a partire da questa considerazione di base: l’obiettivo è quello di far sì che lo stato presente (problematico) si trasformi nello stato desiderato (soddisfacente e atteso); maggiore è la precisione della descrizione dell’obiettivo è maggiore è la probabilità di risolvere il problema per il meglio. Questo avviene tipicamente anche a livello dell’innovazione.
Mutuando una serie di ragionamenti dal problem solving aziendale, possiamo aggiungere che quando un processo non consegue i risultati desiderati occorre affrontare il problema con una serie di passi che consentano di passare all’azione dopo aver identificato le cause a partire dai sintomi osservati. E’ chiaro che se la raccolta di informazioni iniziale non è sufficiente o mal diretta le nostre azioni non produrranno gli effetti desiderati. Questi passi sono importanti per definire i passi dell’innovazione.
Il compito di chi si occupa di Problem Solving avanzato si fonda in buona parte proprio sulla considerazione che ogni organismo vivente o “parte” di esso acquisisce attraverso i sensi ciò che della realtà sembra essere significativo e su queste basi elabora la sua verità, il suo “vissuto” fisico e mentale: alcune persone percepiscono con disagio queste differenze o non riescono ad ammettere addirittura l’esistenza di “verità” e “possibilità” diverse dalla propria. L’attività di innovazione deve dunque condurre il cliente a fare un percorso di acquisizione e di conoscenza che gli consenta di ammettere, accogliere e accettare nuove realtà possibili.
Problem Solving Relazionale
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